Speaker : PRESIDENTE
Iniziamo con la seduta del Consiglio straordinario.
Diamo il via agli inni nazionali.
(Segue inno nazionale albanese)
(Segue inno nazionale italiano)
Procediamo con il nostro incontro, rinnovando il benvenuto a tutte e a tutti voi e procedendo con il video dell’onorevole Fate Velaj. Prego.
(Segue proiezione video)
Signor Primo Ministro, Sua Eccellenza Edi Rama, onorevole Ministro Luigi Di Maio, onorevoli rappresentanti dei Governi della Repubblica d’Albania e d’Italia, Presidente Emiliano, signori Ambasciatori, d’Albania e d’Italia, onorevole Viceministro, onorevoli Sottosegretari, colleghe e colleghi consiglieri regionali, voi che siete qui in presenza, e tutti coloro che sono da remoto, per rispettare un protocollo di sicurezza, signor Sindaco di Bari, signor Sindaco di Brindisi, Sua Eccellenza, Prefetta di Bari, Autorità tutte, cittadine e cittadini che state seguendo tramite streaming, avverto una tensione e un’emozione speciali aleggiare in quest’Aula, una sensazione nuova, mai avvertita prima tra queste mura, che pure mi sono familiari. Non è solo il guardare i nostri volti coperti dalle mascherine, la causa di questa sensazione, e credo non sia neppure la speciale ricorrenza degli sbarchi sulle coste pugliesi dei cittadini albanesi. La storia ci dice che non fu la prima volta e che quell’evento, in fondo, è parte del comune destino dei due Paesi, legati insieme dalla storia e dalla geografia, e anche dall’attualità e dal costume, e direi dalla musica, se in queste sere state guardando Sanremo.
In fondo, se pensiamo a cosa è successo dopo quel 6 marzo di trent’anni fa nei rapporti tra i nostri due Paesi, dovremmo essere contenti per aver scritto una bella pagina di accoglienza, di integrazione, di cooperazione e di sviluppo.
Sono tante le storie di successo che vedono come protagonisti i cittadini albanesi arrivati in Italia su quelle barche trent’anni fa, ma penso anche alle oltre 500 imprese pugliesi operanti in Albania, all’Italia principale partner commerciale, ai tanti progetti di cooperazione transfrontaliera nei settori strategici dell’ICT, sulla blue economy, sulla trasformazione digitale, sulla protezione civile, sui corridoi transeuropei, in particolare sul Corridoio 8, con le grandi opportunità che si porta dietro. E poi c’è il grande capitolo della cooperazione culturale e scientifica, che vede lavorare insieme università, scuole di alta formazione, teatri, musei, orchestre, società di produzione cinematografica. Tra tutti vorrei ricordare proprio il progetto “Compagni e Angeli”. di cui abbiamo potuto ammirare la restituzione artistica del maestro Alfredo Pirri, un omaggio alla memoria di Antonio Gramsci, un nome che da solo è la testimonianza grande e tragica della comune storia dei nostri popoli. Senza dimenticare, infine, il contributo della cooperazione allo sviluppo e del volontariato internazionale. Una bella pagina, dicevamo, ma che da sola non basta a spiegare la speciale emozione che avvertiamo palpabile in questa sala consiliare.
C’è il titolo di un libro e il nome di uno scrittore che sono tornati prepotentemente nei miei pensieri durante questi giorni e le ore febbrili della preparazione di questa visita, Eccellenza Edi Rama. Lo scrittore era un nostro amico, amico mio e amico dell’Albania, prematuramente strappatoci sulla soglia dei quarant’anni: si chiamava Alessandro Leogrande. C’è una strada a lui intitolata tra gli alberi di un grande parco a Tirana e il titolo di uno dei suoi libri più belli è Il naufragio. Il naufragio non è solo la storia tragica dell’affondamento della motovedetta albanese Katër i Radës nel canale di Otranto, che provocò la morte di oltre ottanta tra donne, bambini e uomini, in uno dei primi esempi di respingimento in mare, il cui relitto è nel porto di Otranto di fronte alla Community Library. Trasformato in opera d’arte dallo scultore greco Costas Varotsos, è diventato monito alle coscienze degli uomini di oggi per non dimenticare.
Se allarghiamo lo sguardo all’intero Mediterraneo e guardiamo da una prospettiva più ampia, dobbiamo constatare come il naufragio sia quello della politica nei confronti del grido d’aiuto che sale dalla sponda sud del Mediterraneo. È un’emergenza politica, prima ancora che umanitaria. Dobbiamo constatare come il naufragio sia quello delle nostre coscienze di donne e uomini delle Istituzioni incapaci di affrontare un dramma più grande di noi, che assume spesso i tratti di un vero nuovo olocausto.
Ecco da dove viene l’emozione di oggi, dalla consapevolezza che come rappresentanti delle Istituzioni abbiamo una grande responsabilità, perché quei primi sbarchi a Brindisi e poi a Bari non siano l’inizio di un naufragio come destino collettivo di un governo delle nazioni ma, anzi, siano l’occasione di crescita e di riscatto, come è avvenuto, Eccellenza Edi Rama, signor Ministro, Presidente, per i nostri popoli.
Non possiamo permettere che la storia si ripeta anche di fronte all’emergenza sanitaria, dove le Istituzioni internazionali stanno dimostrando la loro fragilità nel confronto con i giganti di Big Pharma. Qui il naufragio sarebbe quello della politica delle Istituzioni internazionali davanti ai grandi interessi economici che muovono le industrie farmaceutiche, con bilanci più importanti di quelli di molte nazioni.
È in questo scenario internazionale e di fronte all’enormità di catastrofi umanitarie, sanitarie e ambientali che appare più forte l’urgenza di un’iniziativa politica. In questa prospettiva non ci sono scorciatoie. La grande strada maestra è quella della democrazia. Le assemblee elettive, a tutti i livelli istituzionali, sono la sede in cui gli interessi collettivi dei popoli si conducono a sintesi e attraverso le leggi si trasformano in azione di governo.
È con questo spirito, Sua Eccellenza, che le abbiamo rivolto l’invito a presenziare questa cerimonia, che per noi ha il valore del ricordo, ma nello stesso tempo guarda al futuro. Lo diciamo qui come consiglieri regionali, lo diciamo all’interno di questo piccolo Parlamento. Abbiamo sempre guardato con interesse e ammirazione alla sua capacità di intendere la politica come trasformazione dello status quo, come proiezione in avanti, come sviluppo, sia nella sua esperienza di Governo che nel ruolo di Sindaco di Tirana.
La ringraziamo per aver accettato il nostro invito; la ringraziamo per essere qui, a Bari, in terra di Puglia, in quest’Aula consiliare, insieme ad una rappresentanza così autorevole del suo Governo e del Parlamento, insieme al nostro Ministro, al nostro Presidente, ai nostri consiglieri.
La ringrazio a nome anche dell’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale, dei Capigruppo, dei Presidenti delle Commissioni consiliari e di tutte – tutte – le consigliere e i consiglieri di maggioranza e opposizione.
Consentitemi anche di ringraziare tutti coloro che si sono prodigati per l’organizzazione di questo importante incontro, dall’onorevole Fate Velaj, all’organizzazione del Ministero degli Esteri, a tutti i nostri uffici, del Consiglio e della Giunta.
La saluto con un formale e reciproco impegno: quello di essere a Tirana insieme nel 2022, quando l’Albania sarà Capitale europea dei giovani, perché il futuro ha molti nomi e molti volti, quelli delle ragazze e dei ragazzi che ci chiedono di essere all’altezza degli impegni che ci siamo assunti, scegliendo di abbracciare la politica.
Grazie a tutti.
(Applausi)
Annuncio ora il videomessaggio del Presidente del Parlamento europeo, David Sassoli.
Speaker : SASSOLI, Presidente del Parlamento Europeo
Buongiorno a tutti.
Ringrazio per il cortese invito il Presidente della Regione Puglia, l’amico Michele Emiliano, la Presidente del Consiglio regionale, Loredana Capone; saluto gli ospiti, gli amici presenti, fra cui Edi Rama, Primo Ministro albanese con il quale mi sono incontrato qualche giorno fa qui a Bruxelles.
Stiamo vivendo tempi difficili. Il pianeta si è fermato, la nostra quotidianità è messa a dura prova. Sono stati mesi che ci hanno posto davanti sfide enormi, inimmaginabili, ma che ci hanno fatto capire anche quanto siamo interdipendenti e di quanta necessaria solidarietà per rispondere alla crisi vi sia bisogno.
Lo stesso spirito che trent’anni fa ha contraddistinto la vostra Regione, la Puglia, dimostrando l’umanità della sua popolazione nei confronti degli amici albanesi che avevano percorso il Mediterraneo con imbarcazioni di fortuna, zattere, alla ricerca di un futuro migliore. Lo stesso spirito che ha continuato a contraddistinguere la nostra amicizia, anche lo scorso marzo, quando in uno dei momenti più difficili della storia del nostro Paese una équipe di medici albanesi, con infermieri, operatori sanitari è arrivata nella nostra penisola per fornire supporto, aiuto, aiuto concreto nei nostri ospedali.
Edi Rama, in quell’occasione ha affermato: “Non siamo ricchi e non siamo, però, privi di memoria”. Permettetemi di ricordare che la memoria è la nostra vera ricchezza. La memoria ci permette di tenere vivo il nostro impegno, la nostra responsabilità verso gli altri, perché, lo abbiamo visto recentemente, nessuno può farcela da solo.
Non dobbiamo mai dimenticare questo spirito, la solidarietà che contraddistingue i nostri cittadini. La nostra storia, le nostre radici sono intrecciate tra di loro. Per questo, e non mi stanco di ribadirlo, il Parlamento europeo sostiene fortemente il processo di adesione dell’Albania nell’Unione Europea.
Dobbiamo riconciliare i nostri confini geografici con quelli politici e l’allargamento porterà benefici, benefici ai cittadini, agli Stati. Naturalmente dobbiamo legare le nostre storie con amicizia, solidarietà, umanità, collaborazione. L’accoglienza e il supporto mostrato dalla Puglia trent’anni fa è il filo conduttore che dobbiamo continuare a seguire, è la storia di una memoria condivisa che deve continuare ad arricchirsi, ed è il percorso verso l’orizzonte europeo che attende l’Albania, perché solo insieme saremo più forti, più capaci di affrontare le sfide che abbiamo all’orizzonte. Mai come in questo momento abbiamo bisogno di rafforzare i nostri legami, la nostra democrazia, i nostri valori fondamentali, promuovere la partecipazione dei nostri cittadini e quel senso di comunità così integrato nel DNA dei nostri Paesi.
Oggi più che mai questo anniversario dimostra l’attualità di un percorso di condivisione comune, di un processo di integrazione e cooperazione nel quale tutti noi scommettiamo e crediamo sia necessario per il futuro di un’Europa sempre più utile alla vita dei nostri cittadini. Trenta anni fa c’ero anch’io ad assistere allo sbarco dei giovani, degli uomini e delle donne che dall’Albania arrivavano in Italia. È un ricordo forte di un’amicizia che naturalmente ci farà affrontare meglio le sfide che abbiamo di fronte.
Buon lavoro a tutti e speriamo di incontrarci presto.
(Applausi)
Speaker : PRESIDENTE
Ringraziamo l’onorevole David Sassoli, Presidente del Parlamento europeo.
Passiamo la parola al Ministro degli esteri, onorevole Luigi Di Maio.
Speaker : DI MAIO, Ministro degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale
Buonasera a tutti. Un caro saluto ai Presidenti, il Presidente del Consiglio regionale, il Presidente della Giunta, al caro Primo Ministro Edi Rama, grande amico di questo Paese e di questa Regione, ai Sindaci di Brindisi e di Bari e ovviamente ai Ministri e membri del Parlamento albanese che sono qui con noi e tutti coloro che sono qui, amici italiani e albanesi.
Io sono grato ai Presidenti Emiliano e Capone per avermi invitato a questa cerimonia di commemorazione nel trentesimo anniversario degli eventi che segnarono l’inizio della migrazione albanese verso l’Italia. Vorrei, Presidente Rama, anche ringraziare i qui presenti Viceministro Teresa Bellanova e i sottosegretari Anna Macina, Assuntela Messina, Ivan Scalfarotto e Francesco Paolo Sisto per essere qui presenti, che arricchiscono la presenza del Governo italiano nel commemorare questo momento.
Sono lieto di rivedere il Primo Ministro Rama, che in questi giorni visiterà Bari e Brindisi, due città che divennero protagoniste di quella stagione drammatica, eppure piena di speranze. Trent’anni dopo la mia presenza in quest’Aula consiliare esprime sentimenti di profonda gratitudine per la Puglia e i suoi cittadini. Nell’emblema di questa meravigliosa regione campeggia un ulivo: è un albero tenace, che resiste alle avversità grazie alla forza delle sue radici; è un simbolo universale di pace e fratellanza. Ritroviamo questo stesso slancio ideale nella generosità e nella solidarietà con cui molti italiani di Puglia, pur tra qualche manifestazione di diffidenze e timori, accolsero nel 1991 i nostri amici al di là del Canale d’Otranto.
Nei primi giorni di marzo di quell’anno, migliaia di albanesi in fuga da un regime al collasso raggiunsero la banchina di Brindisi. Gran parte di loro affrontò una navigazione insidiosa, a bordo di imbarcazioni di fortuna. Cercavano un futuro migliore, distante poche decine di miglia marine, in un Paese che avevano imparato ad amare attraverso la radio e la televisione italiana, e con esse attraverso la nostra lingua e la nostra cultura.
Pochi mesi dopo, l’8 agosto, l’attracco della nave Vlora nel porto di Bari consegnò alla storia immagini che restano ancora oggi scolpite nella nostra memoria collettiva. Sono episodi dal forte valore simbolico per l’Albania innanzitutto, ma anche per il nostro Paese.
È importante comprendere cosa rappresentasse per chi era nato e cresciuto sotto la dittatura paranoica di Hoxha il solo pensiero di poter viaggiare, migrare, spostarsi in cerca di lavoro o per studio. Prendo a prestito le parole di Elvis Malaj, un giovane scrittore albanese trasferitosi da adolescente in Italia assieme alla famiglia, che così descrive l’Albania negli anni che precedettero i fatti che oggi commemoriamo: “Era la più isolata del globo, armata fino ai denti, in rapporti ostili con tutti gli stati vicini, con una bunkerizzazione massiccia del territorio, una politica interna delle più repressive dell’era comunista, un’economia vicina al collasso e in attesa esasperante di una guerra che non arriva mai.
Il popolo albanese giunse alla fine degli anni Ottanta, stremato e annichilito. Per chi anelasse alla libertà non c’era altra scelta che lasciare il Paese. Solo che oltrepassare il confine era pressoché impossibile, e se ci riuscivi, segnavi la condanna per tutti quelli che lasciavi dietro.
Nel 1991 quel che per gli albanesi era pressoché impossibile, divenne improvvisamente possibile, prendendo le sembianze di un fenomeno migratorio di massa verso l’Italia. Fu la prima volta che il nostro Paese prese coscienza di doversi confrontare con il tema dell’emigrazione non più dalla prospettiva di chi parte, ma da quella di chi è chiamato a ricevere.
Un cambiamento di prospettiva tutt’altro che facile, nient’affatto scontato. È stato necessario superare sfide importanti prima che si potesse realmente parlare di integrazione. Abbiamo assistito a dolorose battute d’arresto e fronteggiato pregiudizi che talvolta riaffiorano, contro i quali dobbiamo continuare a tenere alta la guardia.
Resta però un fatto storico: che quei giorni segnarono l’inizio di un percorso comune, che ripristinava il legame indissolubile tra queste due sponde dell’Adriatico. C’era infatti già stata, sin dal XV secolo, una diaspora di comunità albanesi nel meridione d’Italia, le cui tracce abbondano proprio qui, in Puglia e in altre zone d’Italia.
Per questo ritengo che oggi sia più giusto e opportuno far cenno ai numerosi gesti di amicizia fraterna che Italia e Albania hanno recentemente rivolto l’una all’altra. Penso alla mobilitazione italiana per assistere le popolazioni albanesi colpite dal violento sisma del 2019, e poi, ancora, la scorsa primavera, quando su iniziativa del Primo Ministro Rama, medici e infermieri sono giunti dall’Albania in Italia per aiutarci a combattere la pandemia di Covid-19 nel momento per noi più buio.
Dobbiamo guardare con orgoglio a quanto i nostri due Paesi hanno saputo realizzare in questi trent’anni. Abbiamo tessuto una tela robusta, di strettissime interrelazioni tra tutti i livelli di governo, e in molteplici settori. Abbiamo costruito le fondamenta di un modello vincente di fratellanza, più che di buon vicinato.
Tutto questo non sarebbe stato realizzabile se la comunità albanese in Italia, con il suo mezzo milione di cittadini, non avesse saputo integrarsi nella società italiana, dimostrando con umiltà, impegno e determinazione di poter contribuire al suo sviluppo economico.
A sua volta, l’Albania, grazie anche al nostro sostegno, è diventato un Paese di opportunità per le imprese italiane, un importante partner commerciale, capace di attrarre investimenti e capitale umano grazie anche alle molte riforme amministrative e istituzionali adottate.
Confido che da questo esempio di integrazione l’intera Europa tragga ispirazione nella ricerca di soluzioni equilibrate per la gestione dei fenomeni migratori contemporanei.
Negli ultimi trent’anni, in questo come in molti altri ambiti, Italia e Albania hanno dimostrato che è possibile costruire modelli di cooperazione efficaci, fondati sulla fiducia reciproca e sulla chiarezza di regole e obiettivi.
Il nostro è un vincolo già forte, che trova oggi ulteriore impulso nella condivisa appartenenza all’Alleanza atlantica. Non potremo, però, ritenerci soddisfatti finché non saremo uniti sotto la bandiera dell’Unione europea.
L’Europa stessa non potrà dirsi veramente unita se ne resteranno esclusi l’Albania e gli altri Paesi dei Balcani occidentali. L’Italia continuerà a impegnarsi affinché questo processo storico si realizzi al più presto. Un anno fa il Consiglio europeo si espresse in favore dell’apertura dei negoziati per l’adesione albanese. Quella decisione deve trovare ora piena attuazione. Il nostro invito a quanti ancora si mostrano esitanti è di lasciar cadere i pregiudizi. La prospettiva europea è riuscita a imprimere in Albania una straordinaria capacità trasformativa che non può essere trascurata. La si osserva nella crescita sociale ed economica, nel rafforzamento delle Istituzioni e dello Stato di diritto, nella disponibilità all’integrazione regionale. L’Europa è chiamata a fare una scelta storica che non può più essere rinviata. Rilanciare il processo di allargamento ai Balcani occidentali è la cosa giusta da fare. L’Italia e gli italiani, caro Edi, ne sono convinti oggi come lo furono trenta anni fa, quando scelsero di tendere la mano agli amici albanesi accogliendoli qui in Puglia nel momento di maggiore bisogno.
Vi ringrazio per l’attenzione e ringrazio i membri del Consiglio regionale e della Giunta regionale per aver ospitato questo importante avvenimento.
Grazie.
(Applausi)
Speaker : PRESIDENTE
Grazie, onorevole Ministro.
La parola al Presidente Michele Emiliano.
Speaker : EMILIANO, Presidente della Giunta regionale
Il rischio delle parole sta, alle volte, nel loro eccesso e nella non corrispondenza tra ciò che si dice e ciò che si fa, ma è un rischio questo che in questi trent’anni abbiamo saputo sempre evitare. Non abbiamo mai detto una cosa e poi ne abbiamo fatta un’altra. Tutte le volte che ci siamo promessi amicizia, sostegno e solidarietà abbiamo mantenuto l’impegno. Lo abbiamo fatto con gioia, qualche volta anche con leggerezza, con lo spirito giovanile di chi si raccoglierà nel 2022 per la Capitale europea della gioventù.
È, ovviamente, una festa, quella di oggi, è una festa dell’accoglienza, è la festa di chi raccoglie le antiche tradizioni del Mediterraneo, parlo di quelle proprio antiche, quelle dell’Odissea, quelle di chi accoglie Ulisse senza sapere di chi si trattasse e che lo accoglie per dovere tramandato di generazione in generazione, a prescindere da cause, ragioni, convenienze. Lo so che è difficile accogliere qualcuno a prescindere, senza ragionare, applicando quest’antica legge di ospitalità, ma ha sempre funzionato. È una regola che funziona, è una regola che consente al Paese che accoglie di diventare più ricco, più forte, di stabilire legami, di progettare il futuro. E non sai mai dove arriva quel futuro, perché può arrivare, come abbiamo visto, a cose straordinarie, non solo da parte di chi cercava la sopravvivenza, ma anche da parte di chi, accogliendo, è migliorato, ha aumentato il proprio prodotto interno lordo, il proprio gettito tributario. Un’infinita serie di cose ben fatte, che ovviamente non sono il caos. Non stiamo proponendo al Paese e al mondo di applicare le norme dell’accoglienza tradizionale del Mediterraneo nel caos, ma stiamo proponendo di farlo con ordine, con intelligenza. Persino quando quella mattina – io ero a Brindisi, lo dico al Sindaco, ero magistrato alla Procura di Brindisi e abitavo a due passi dal porto – scesi di casa per andare in ufficio e non si poteva camminare. Eravamo circondati da persone festanti, che avevano affrontato, sì, un viaggio durissimo, ma che erano felici di essere lì. E io vedevo scendere dai palazzi di Brindisi i cittadini della città, signor Sindaco, con tutto quello che trovavano nel frigorifero, che avevano nella dispensa, le cose che immaginavano potessero essere utili, e le regalavano al primo che incontravano, senza conoscerlo, senza sapere con chi stessero parlando.
C’era la consapevolezza che tutto questo fosse giusto. Credetemi, non si poteva camminare in tutto il corso. Non c’era l’impressione di essere stati invasi, avevamo intuito che quelle persone erano venute là non per invaderci, ma per cominciare una nuova vita, e noi eravamo felici di poter contribuire.
Poi le cose non sono andate sempre così: lo dico al Sindaco di Bari, che ringrazio. Ovviamente, ognuno ha le sue debolezze, e il Sindaco di Bari è la mia debolezza principale, dal punto di vista politico, perché mi commuove sempre parlare della sua città e di lui in modo particolare. Tu sei l’erede, come lo sono stato io, di Enrico Dalfino, una persona che ha sofferto immensamente il suo desiderio di applicare queste regole semplici, di cui vi ho parlato, e di farlo con civiltà. Ha saputo resistere, e in questo c’è una lezione che davvero ricorda Socrate, ha saputo subire l’ingiustizia delle Istituzioni con quella sobrietà e quell’amore per le Istituzioni che solo una persona straordinaria può sopportare.
È un orgoglio per la città di Bari, quel Sindaco. Quel Sindaco è stato tale solo per pochi mesi. Poi, ovviamente, la politica si è incaricata in qualche modo di archiviarne il relativo ruolo; ma la città non l’ha mai dimenticato. Non l’ha mai dimenticato, assieme a quelle giornate, assieme a quella idea della civiltà e dell’umanità.
Se siamo qui, oggi, è grazie al popolo, è grazie all’intuizione dell’anima del popolo pugliese, che al di là del ragionamento esplicito anche delle Istituzioni, fu capace di condurre tutti noi, ed è stata capace di condurre tutti noi fino a qua.
Può, il popolo, avere una intelligenza collettiva strategica tale da poter vedere il futuro in una intuizione? In un istante? È possibile che il popolo pugliese allora riuscisse a vedere le cose che sono successe dopo. Perché è vero che abbiamo tanto penato, insieme – vero, Edi? – nel senso che, Presidente, è stata dura. Questi trent’anni non sono stati semplici. Li abbiamo affrontati gestendo insieme e contrastando insieme traffici criminali, contrastando fenomeni corruttivi, contrastando fenomeni di commistione tra la politica peggiore e la cattiva gestione delle Istituzioni stesse. Ci siamo umilmente aperti gli uni agli altri, abbiamo collaborato dal punto di vista giudiziario, giuridico, abbiamo riformato insieme Istituzioni delicatissime, come la magistratura, con una idea comune di andare verso l’Europa.
Signor Ministro, penso a tutti i sacrifici che l’Albania ha fatto in questi trent’anni, migliorando se stessa in una maniera straordinaria. Io ricordo di essere andato a Tirana per la prima volta per un atto giudiziario piuttosto rilevante, una perquisizione di grande rilievo, e di essere entrato a Tirana con una scorta di non meno di venti carabinieri, più altri poliziotti albanesi; Tirana sembrava una città uscita dalla guerra, aveva ancora le tracce proprio del trauma subìto.
Sono stato, ovviamente, a Tirana tante volte, in seguito. Negli ultimi tempi, vedere piazza Scanderbeg, vedere la sede della Regione Puglia che si apre sulla piazza, andare a trovare il Sindaco, verificare i progressi di questo Paese è stata veramente un’emozione, la stessa emozione che ho avuto nel vedere la Puglia crescere in questo stesso periodo, perché questa crescita è stata comune.
I sentimenti che abbiamo messo, quell’intuizione popolare che ha consentito a noi, oggi, di considerare questa una festa, ci sono altre città che sono state invase da tanta gente, ad aver trasformato quella piccola invasione in un momento storico decisivo, caratteristico? Non sono molte, non sono tante.
La Regione Puglia, in occasione dei massicci e ripetuti episodi di immigrazione clandestina, l’intera popolazione della Puglia dava prova collettiva di civismo e di forza morale, con straordinaria abnegazione privati cittadini, Comuni, Province ed Istituzioni offrivano il loro determinante contributo ed incondizionato impegno in soccorso dei numerosissimi profughi arrivati sulle loro coste in condizioni disperate, operando generosamente per accorrere in aiuto dei più deboli.
La comunità tutta offriva alla nazione, all’Italia, io direi anche all’Unione Europea, uno splendido esempio di grande solidarietà sociale e nobile spirito di sacrificio, perché tutto ciò di cui stiamo parlando è generosità, ma è anche intelligenza. Perché questa cosa è utile, conviene, consente una gestione dell’ordine pubblico migliore, consente una gestione del contrasto al crimine organizzato migliore. Respingere qualcuno e ributtarlo in mare non ha mai fruttato nulla, non ha mai provocato nessun progresso, non ha mai dato nessun vantaggio a chi si è reso protagonista del respingimento. Passi nella storia come uno, nella migliore delle ipotesi, che non ha capito niente. E questo rischio noi siamo riusciti a respingerlo, insieme, grazie anche all’abnegazione dei tanti cittadini albanesi che hanno fatto grande l’Italia e hanno fatto grande la nostra regione, perché sono tanti quelli che si sono fatti onore, quelli che hanno raggiunto risultati importanti, quelli che ci hanno dato una mano. Il primo violino dell’orchestra del Petruzzelli è albanese. Adesso potremmo andare avanti. E non ha portato via il posto a qualcuno, ha insegnato a tanti le cose che lui conosceva.
Il Presidente Rama ha attraversato questi trent’anni partendo anche lui dal fare il Sindaco. Lo ha fatto in una situazione anche molto pericolosa, come tutti voi sapete. Ha cercato di spiegare alla sua comunità che la povertà non si combatte con l’abbrutimento e che avere un momento di crisi profonda anche economica non significa massacrare la bellezza, non significa massacrare l’ambiente, non significa massacrare le cose che ti sono state tramandate dalle generazioni precedenti. Anzi, è il contrario. Se sei povero, mantieni e cura le cose che ti hanno dato. Fai in modo che la tua città diventi più bella. Il Piano del colore della città di Tirana è una delle cose che è passata alla storia, e io ho seguito questa storia. Ero magistrato allora, non politico (diciamo così), e seguivo questa storia complicata, anche l’attentato che, per fare questo lavoro, il Sindaco di Tirana subì in quell’epoca. Poi la sua capacità di costruire una leadership politica universale, fondata su una profonda umanità e una conoscenza dell’anima umana, è un patrimonio, questo sì, dell’Unione europea, non solo dell’Albania, questa capacità che viene vissuta con umiltà, con amicizia e anche qualche volta con un po’ di fastidio, perché il Premier Rama non ama la retorica. Le sto già dando fastidio, io lo so. Già sta cominciando a dire: stai parlando troppo, Michele. Però, qualche volta qualcuno in un’Aula le deve dire queste cose, perché se no qualcuno rischia, anche nel tuo Paese, di non ricordarsene, perché il tempo ha una strana capacità di far dimenticare sì le cose cattive, mi riferisco ai nostri sogni imperiali, ma anche le cose buone che una persona fa nella sua vita.
Ecco perché io oggi, torturandoti un po’, ricordo tutto questo.
Ti ho sentito vicino, sempre. Ti ho sentito vicino quando hai fatto quello che hai potuto per darci una mano, assieme al tuo popolo, durante la pandemia. Eravamo presi di sorpresa e voi siete arrivati.
Ti ho sentito vicino quando abbiamo ragionato sul futuro delle nostre imprese, sul quello che succederà dopo la pandemia.
Ti ho sentito pugliese, perché, questo è vero, tu conosci questa regione come pochi altri, conosci il nostro modo di essere e tutto sommato io penso che tu, come hai detto nel colloquio che abbiamo avuto prima, ti senti una parte di questa comunità, come noi sentiamo l’Albania come una parte della nostra storia.
È per questo – non te l’abbiamo anticipato, ma è una piccola sorpresa, neanche tanto piccola – che abbiamo un premio, che viene conferito solo ai pugliesi, ma, eccezionalmente, verrà questa volta conferito a un pugliese che, però, è di nazionalità albanese, almeno allo stato degli atti. È una eccezione che da Presidente, visto che l’ho firmato io il decreto, mi sono potuto permettere.
Ti voglio leggere la motivazione. Questo premio si chiama “Radice di Puglia”. Ti assumi, se lo accetti, anche la responsabilità di proteggere sempre anche la mia terra, oltre che la tua, anche la mia comunità oltre che la tua, e in generale l’umanità, perché noi non ci fermiamo ai confini.
La motivazione è questa: “In nome della storia di amicizia e vicinanza tra pugliesi e albanesi su un sentiero di solidarietà e rispetto reciproco per suggellare la comune ambizione di accompagnare la Puglia e l’Albania verso una meta importante: essere comunità solidali dentro un Mediterraneo di pace, di sviluppo e di benessere”.
Il premio è ingombrante, ma è alla tua misura. Vediamo se riesco a non romperlo. Ovviamente consiste, dato il nome, in una radice. Questo è l’artista. Questa è la radice di Puglia. Te ne faccio dono.
(Applausi)
Grazie per l’affetto che ci hai sempre dato.
A te la parola.
Speaker : PRESIDENTE
Grazie, Presidente Emiliano.
Ora passo la parola al Primo Ministro, Sua Eccellenza, Edi Rama.
Speaker : RAMA, Primo Ministro dell’Albania
Grazie.
Non so se io veramente merito tutto questo. Sono veramente… “sorpreso” è una parola non adatta, neanche le parole mi vengono, adesso. Un’accoglienza che è stata “fulminante”, ne è testimonianza la mancanza della mia cravatta. Non ho potuto neanche mettere la cravatta, sono sceso dall’aereo e immediatamente tutto sembrava un film, un bel film. Grazie di cuore per tutto questo.
Siccome è tradizione, quando ricevi un premio, dover anche parlare, io cercherò di farlo innanzitutto ringraziando tutti i presenti, salutando anche gli amici che ho potuto intuire nella sala, anche se mascherati, Ivan e altri.
Quando guardavo quelle immagini che abbiamo visto prima, pensavo che è sempre più incredibile immaginare che quella gente eravamo noi, non noi albanesi, ma noi albanesi che vivono i giorni nostri.
Sembra una storia di mille anni fa. In trent’anni sono cambiate tantissime cose. Sicuramente sono cambiate tantissime cose anche perché noi venivamo da troppo, troppo lontano. I cambiamenti in Albania sono stati incredibili. Ma quello che rende tutti questi anni degli anni incredibili di cambiamento per gli albanesi che sono arrivati con quelle navi e che oggi fanno parte integrante di questa società, sono quasi mezzo milione e sono quasi 50.000 quelli che hanno una impresa piccola o media, sono migliaia di studenti, e finalmente, non da oggi, ma da tanti anni ormai, non sono più visti da nessuno come sospetti.
Io mi ricordo che per noi l’Italia era un sogno. Io ho avuto una nonna cattolica che mi ha insegnato anche questa lingua e mi ricordo che diceva: l’albanese è la lingua dei tuoi antenati, l’italiano è la lingua dei nostri azzurri. Mia nonna era molto legata all’Italia e sicuramente l’Italia per noi era quel piccolo schermo in bianco e nero della Rai. Non so se lo potete immaginare, ma all’epoca non si poteva captare la Rai a Tirana perché c’erano gli oscuratori. Noi eravamo molto eccitati quando andavamo a Valona per le vacanze, non per il mare, ma per la televisione e per guardare la Rai. Quando arrivavano le tredici, noi lasciavamo la spiaggia per andare a guardare il telegiornale. Era come guardare il cinema. Non so che cosa guardavamo, che cosa capivamo del telegiornale, ma eravamo dei bambini guardando il telegiornale. Poi sicuramente il massimo era il Carosello e poi a poco a poco anche altre cose.
Poi c’è stata questa situazione di confronto, di confronto con la realtà, la realtà dell’Italia, e sicuramente non era quella che avevamo visto nello schermo della Rai, meno anche nello schermo di Mediaset, perché era una realtà di tante cose. Mi ricordo che, a quell’epoca, noi soffrivamo molto l’idea che eravamo visti come sospetti. Non scorderò mai una notizia del telegiornale. C’era il giornalista davanti alla telecamera nel luogo di un assassinio. Lui disse: “Non c’è nessuna traccia dell’assassino, ma molto probabilmente è stato un albanese”. Era uno stigma che ci faceva molto soffrire, che oramai fa parte del passato.
Sicuramente dall’altra parte c’è stata tutta questa enorme storia di accoglienza, di integrazione in un Paese che, come Luigi diceva prima, per la prima volta era una destinazione, un punto di arrivo per altri e non un punto di partenza per altrove. È stato forse il primo grande esercizio di solidarietà verso dei profughi da parte dell’Italia davanti a queste coste dove c’erano centinaia di migliaia di disperati che non somigliavano a niente di quello che la gente era abituata a guardare, sembravano alieni.
Sicuramente c’è anche l’enorme storia delle relazioni tra l’Albania e l’Italia, una storia fatta di grande solidarietà da parte dell’Italia. Nei momenti più bui l’Italia c’è sempre stata in Albania. Mi ricordo quei momenti terribili del 1997 quando tutto esplose a causa delle finanziarie e il Paese andò veramente nell’orlo del precipizio con tanti morti e tanti feriti. Non c’era più Stato, non c’era più niente, non c’era più legge. Le strade erano praticamente nelle mani di persone che creavano le loro bande. L’Italia arrivò con una grande operazione militare e anche di aiuto diretto.
Romano Prodi è stato l’artefice di questo arrivo. Non è stato l’arrivo di una forza militare per mettere ordine, ma è stato l’arrivo di un Paese amico per aiutarci a uscirne fuori con tanti aiuti in tutti i sensi. Quel momento è stato un momento chiave per il futuro dell’Albania.
Poi, durante tutto il periodo di ricostruzione dopo quel momento terribile, l’Italia è stata sicuramente l’angelo custode dell’Albania – non credo di esagerare –: veramente l’angelo custode dell’Albania, sia quando si è trattato di parlare di Albania nelle sedi internazionali, a Bruxelles specialmente; sia quando si è trattato di aiutare l’Albania.
Sicuramente, anche il momento terribile del terremoto di quindici mesi fa è stato un altro momento di grande custodia da parte dell’Italia. Grazie a Luigi, in primis, che è stato coinvolto di persona in una maniera veramente sorprendente, al di là di tutta quella che può essere una solidarietà, anche vera, ma la solidarietà di un altro, di un vicino, di uno straniero. Lui si è coinvolto come se fosse Napoli che stava bruciando, non un Paese dall’altra parte del mare. E poi tutti.
È stato fatto incredibile. Non è retorica, non è per dire cose che possono piacere, ma è la verità. È stato incredibile essere lì, guardare questi ragazzi e queste ragazze, i vigili del fuoco, arrivati in tanti quando c’erano ancora delle vite da salvare sotto le macerie, situazioni abbastanza pericolose. Si sono messi lì, a salvare vite, che non erano vite italiane, erano vite umane ma in un altro Paese, dove loro forse arrivavano per la prima volta.
Poi, sicuramente, a livello di cooperazione, sia per la parte dell’assistenza e del trasferimento della conoscenza nel costruire istruzione, nel costruire capacità, sul fronte della giustizia, della lotta alla criminalità, alla corruzione, ma anche sul fronte della cooperazione economica si è fatto tantissimo. Io penso che, se facciamo una simulazione, togliamo l’Italia e tutto quello che l’Italia ha fatto per l’Albania durante questi trent’anni e lasciamo il resto del mondo, l’Albania non è quella che è, ma sarebbe messa in una posizione molto più fragile di questa in cui siamo oggi, che sicuramente non è ancora la posizione che deve essere dal punto di vista dell’economia, della giustizia, dell’educazione, della sanità e tutto. Comunque, è una posizione molto diversa da quella di prima, è molto più solida. Se si toglie l’Italia e il contributo dell’Italia, sicuramente non saremmo in questa posizione. Io penso che questa è solo la verità, non è nient’altro che la verità.
Per concludere, Michele ha parlato di scorte. È vero, quando lui arrivava in Albania, non solo lui, ma tanti di quei magistrati, poliziotti e agenti di guardia di finanza che lavoravano sia a livello di cooperazione per casi specifici che riguardavano la giustizia qua, sia a livello di cooperazione per aiutare noi, era una situazione che si poteva veramente immaginare perché la scorta. Mentre lui raccontava questo, io vorrei raccontarvi, in pochi minuti, qualcosa che è simile per dirvi che cosa noi dobbiamo affrontare, che cosa noi abbiamo ancora da fare.
Se in Italia l’assassino sparito senza traccia che molto probabilmente è albanese è una storia del lontano passato, l’albanese sospetto rimane anche oggi, l’Albania sospetta rimane anche oggi in qualche parte dell’Europa, una realtà nell’immaginazione di gente che prende delle decisioni, gente che fa opinione. Non troppo tempo fa io ricevi… Si dice “ricevi”? Devo dirlo in un italiano più sofisticato. Ho ricevuto un messaggio dal responsabile della zona vip dell’aeroporto di Tirana, urgente. Ho pensato a una bomba, a un incendio in aeroporto, perché non avevo mai parlato con questa persona. Prendo il telefono e mi dice: “abbiamo una situazione abbastanza straordinaria, mai vista. C’è un vip che non vuole entrare a Tirana”. Io dico: “Non vuole partire da Tirana o non vuole entrare a Tirana”. “No, è un vip arrivato in bella compagnia di poliziotti e di giornalisti, che rifiuta di entrare, di lasciare l’area vip, uscire dall’aeroporto ed entrare a Tirana, perché vuole essere accompagnato da macchine blindate, da gente armata”. Io ho detto… Per correttezza non vi dico chi è, ma vi dico che è un politico importante, di un Paese importante, un musulmano di sinistra, addirittura. Dico “addirittura” perché normalmente non dovrebbe, almeno nel concetto preliminare, essere qualcuno con dei pregiudizi così importanti. Dico a questa persona: “Ci sono i servizi che accompagnano i vip?”. “Sì, loro sono armati, ma il signore non considerare la pistola un’arma sufficiente per entrare a Tirana”. “Dite a quel signore che non offriamo un servizio per entrare a Kandahar. Lui può ripartire. Non è nella striscia di Gaza”. Quarantacinque minuti di battibecchi per finalmente entrare a Tirana. L’indomani lui viene a vedermi. Non so se lui sapeva che io sapevo, ma mi dice “Primo Ministro, io le devo grandi scuse”; chiedo perché: dice “perché io ho viaggiato tanto, ho visto tanti Paesi, mi consideravo uno che non poteva cascare, come mi è successo, in un precipizio tra quello che io mi aspettavo di un Paese e quello che trovavo in quel Paese, perché l’Albania non ha niente a che fare con quello che io immaginavo”. Gli ho detto “non si preoccupi, questo succede a tutti, specialmente a quelli che arrivano dalla parte fredda dell’Europa, perché la percezione è molto diversa rispetto alla realtà, non c’è problema”. Mi dice: “no, no, ma lei, Primo Ministro immagina che io ho fatto un giro, ieri sera, nel centro di Tirana – dove c’è la vita di notte – e non ho visto nessuna donna coperta?” Gli ho detto “sì, lo posso immaginare perché non ci sono donne coperte in Albania, ci sono ragazze musulmane che hanno la sciarpa, ma donne coperte non ci sono”. Mi dice: “e poi, arrivo nel Ministero degli Interni, stamattina e parlavano inglese”; immagini, Primo Ministro, parlavano inglese nel vostro Ministero degli interni”. Ho detto “lasciamo stare qui, perché se lei è sorpreso fino a questo punto, tutto sarà una sorpresa. Non so se le si immaginava di trovare un Primo Ministro di due metri, per esempio, ma lasciamo stare, andiamo avanti, e lei può raccontare tutto questo al suo pubblico, perché è il suo pubblico che ha bisogno di ascoltare lei, non io”. “Sì, sì – mi dice – sicuramente io lo farò”.
Siccome non ero sicuro che l’avrebbe fatto, ho detto all’Ambasciatrice nostra: “segui un po’ cosa dirà questo tipo quando ritornerà nel suo Paese”. Lui non ha detto brutte cose come quelle che diceva prima di venire, perché era venuto per combattere il male nel suo luogo, ma non ha detto niente di tutto questo, niente. Io gli passai un saggio tramite l’ambasciatore e gli dissi: il Primo Ministro è stato molto sorpreso, addirittura più di lei quando è venuto in Albania, perché lei non ha detto niente di tutto quello. Questo qua – la sua risposta è importante per questo discorso – dice: mi saluti il grande Primo Ministro; io sono sicuro che, intelligente come lui è, capirà. Questa è la politica. Sicuramente questa non è la politica e non è la ragione per la quale io e sicuramente forse non tutti, ma quasi tutti voi fate politica. Ma pensare che questa è la politica e avere la capacità istituzionale di fare politica a quei livelli, in questa direzione si può fare del male a persone, si può fare del male a comunità intere, si può fare del male a Paesi interi.
È questo il muro che ancora noi dobbiamo abbattere in Europa come Albania, come albanesi, e questo muro è un’ulteriore ragione per la quale noi siamo grati per sempre all’Italia, a quelli che hanno guidato i Governi italiani, indipendentemente dai colori politici e dalle psico-faide interne in Italia, perché sono sempre stati quelli che hanno detto chiaramente quello che noi avremmo detto se fossimo stati lì. L’Italia è il nostro avvocato in tutte le aule dove l’Albania è sotto accusa. Questo dice tutto. Noi vi siamo veramente grati.
Vi ringrazio di cuore di questa pazienza non italiana nell’ascoltarmi. Seguo il vostro Parlamento e non mi sembra che il silenzio, quando qualcuno parla, è la virtù, ma è un ulteriore onore per me. Grazie a tutti.
(Applausi)
Grazie sicuramente, in modo speciale a Luigi e Michele. L’ho detto prima e lo ripeto: sono i più vicini albanesi, tra gli italiani, in questo periodo così pesante per tutti. Io spero di meritare tutto questo, anche se non ne sono sicuro, ma comunque terrò con me, per tutta la vita, questo momento in questa terra. Trent’anni fa era completamente diverso, e quelli che hanno visto quello che è successo trent’anni fa si devono sentire fortunati, beati di poter vivere trent’anni dopo, e vedere come le cose sono cambiate in maniera impossibile da immaginare solo trent’anni fa. Grazie.
(Applausi)
Speaker : PRESIDENTE
Grazie a lei, sua Eccellenza Primo Ministro.
Ringraziando ancora tutti voi per la presenza, per la partecipazione, dichiaro chiusa la cerimonia di commemorazione del trentennale della migrazione albanese.
Grazie ancora a tutti.
(Applausi)